Legale - Civile

17 Luglio 2018

Sanzione amministrativa ed onere della prova

Nel procedimento di opposizione a sanzione amministrativa si applicano i principi generali in materia di riparto dell’onere della prova, con la conseguenza che è onere della P.A. provare la sussistenza degli elementi costitutivi della sua pretesa, mentre all’opponente spetta di dimostrare la sussistenza di fatti impeditivi o estintivi della pretesa stessa(Cass. civile, sez. II, n. 5122/2011).

La sentenza n. 5874/2018, emessa dal GdP di Milano in data 26/06/2018, offre l’occasione per alcune riflessioni sui poteri istruttori del Giudice di Pace in materia di ricorso avverso i verbali di accertamento di violazioni stradali.

Poteri istruttori del giudice. Con l’entrata in vigore del d.lgs. n. 150/2011 trova applicazione nel procedimento de qua il rito del lavoro. Pertanto, per individuare i poteri istruttori del giudice occorre fare riferimento all’art. 421 cpc, per il quale:

  1. Il giudice indica alle parti in ogni momento le irregolarità degli atti e dei documenti che possono essere sanate assegnando un termine per provvedervi, salvi gli eventuali diritti acquisiti;
  2. Può, altresì, disporre d’ufficio in qualsiasi momento l’ammissione di ogni mezzo di prova, anche fuori dai limiti stabiliti dal codice, ad eccezione del giuramento decisorio;
  3. Il giudice, se lo ritiene necessario, può ordinare la comparizione, per interrogarle liberamente sui fatti di causa, anche di quelle persone che siano incapaci di testimoniare a norma dell’art. 246 cpc o a cui sia vietato a norma dell’art. 247 cpc.

A questo punto va fatta una precisazione essenziale: l’opposizione non mira all’accertamento della legittimità dell’atto amministrativo, ma della responsabilità dell’opponente.

Aggiungasi che l’amministrazione, pur essendo formalmente convenuta, in giudizio assume sostanzialmente la veste di attrice; spetta, quindi, ad essa, ai sensi dell’art. 2697 cc, fornire la prova dell’esistenza degli elementi di fatto integranti la violazione contestata e della loro riferibilità all’intimato, mentre compete all’opponente, che assume sostanzialmente la veste di convenuto, la prova dei fatti impeditivi o estintivi.

Incombe, dunque, sull’amministrazione irrogante, in veste di attrice sostanziale, dare la dimostrazione della fondatezza della responsabilità dell’opponente e, quindi, della pretesa sanzionatoria, mentre all’opponente spetta di dimostrare la sussistenza di fatti impeditivi o estintivi della pretesa stessa (ad esempio: vizi del procedimento di accertamento, decadenza del diritto alla pretesa sanzionatoria, prescrizione, inefficienza degli strumenti adottati per l’accertamento, l’errore incolpevole, lo stato di necessità ecc.).

Decisione. Ai sensi dell’art. 6 d.lgs. n. 150/2011, il giudice:

  1. Accoglie l’opposizione quando non vi sono prove sufficienti della responsabilità dell’opponente;
  2. Al contrario, rigetta l’opposizione in presenza di prove in ordine ai fatti contestati.

Al riguardo è utile ricordare che, ai sensi dell’art. 2700 c.c., il verbale è atto pubblico che fa piena prova, fino a querela di falso, della provenienza del documento dal pubblico ufficiale che lo ha formato, nonché delle dichiarazioni delle parti e degli altri fatti che il pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua presenza o da lui compiuti. Quindi, il provvedimento sanzionatorio (ordinanza o verbale di accertamento di violazione) costituisce di per sé prova sufficiente nei limiti indicati dall’art. 2700 c.c.

Ne consegue che anche se l’amministrazione procedente non si costituisce e non deposita documenti (copia del rapporto con gli atti relativi all’accertamento), se il processo verbale ha per oggetto l’accertamento di fatti avvenuti in presenza del Pubblico Ufficiale costituisce da solo prova sufficiente ai fini della decisione del Giudice (cfr. Cass. civile n. 23079/2009), come, del resto, la mancata comparizione dell’opponente senza giustificato motivo non è di per sé sufficiente per la convalida del provvedimento impugnato che, anzi, dovrà essere annullato se la sua illegittimità risulta dalla documentazione allegata al ricorso (art. 6, comma 9, d.lgs. n. 150/2011).

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