Legale - Civile

12 Giugno 2017

Indennità di avviamento nelle locazioni ad uso non abitativo

Nei contratti aventi ad oggetto le locazioni di immobili urbani adibiti ad uso diverso da quello di abitazione, l’art. 34 della legge 392/78, in caso di cessazione del rapporto di locazione che non sia dovuta a risoluzione per inadempimento o disdetta o recesso del conduttore o ad una delle procedure previste dalla legge fallimentare, riconosce al conduttore il diritto a percepire la c.d. “indennità per la perdita di avviamento commerciale” qualora l’attività esercitata nell’immobile locato sia di tipo commerciale, industriale, artigianale di interesse artistico, non sia occasionale e comporti un contatto diretto con il pubblico. Ai sensi dell’art. 35 della suddetta legge, l’indennità è esclusa nel caso di contratti di locazione relativi ad immobili destinati all’esercizio di attività professionali.
Ai fini del riconoscimento dell’indennità di avviamento commerciale come si determina se una attività è di tipo imprenditoriale o di tipo professionale?

La questione è stata affrontata nuovamente dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 13091/2017 pubblicata il 24 maggio 2017.

IL CASO

La vicenda sottoposta all’esame dei Giudici di Piazza Cavour trae origine dal ricorso per Cassazione promosso dalla proprietaria di un locale concesso in locazione ad una società esercente attività di polidiagnostica e di laboratorio di analisi avverso la sentenza della Corte di Appello che aveva confermato il diritto della società conduttrice a percepire l’indennità di avviamento commerciale con conseguente condanna della locatrice al versamento della suddetta indennità in favore della conduttrice. La ricorrente con un unico motivo denuncia la violazione e la falsa applicazione degli artt. 27, 34 e 35 della legge 392/70 nonché degli articoli 115 e 116 cpc, 2697 codice civile e 12 delle disposizione preliminari del codice civile, la nullità della sentenza e l’omesso esame circa un fatto decisivo del giudizio.

LA DECISIONE
La Cassazione nel rigettare il ricorso e condannare la locatrice al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore della conduttrice ha:

1. confermato l’orientamento della stessa Corte di legittimità secondo cui: “ per stabilire se l’attività svolta nell’immobile locato abbia natura imprenditoriale o professionale, occorre avere riguardo non alla qualifica (professionale o meno) delle persone che vi lavorano, ma alla prevalenza, nell’ambito delle attività ivi esercitate, dell’elemento imprenditoriale o di quello professionale” (Cassazione n. 8558/2012);

2. evidenziato che anche l’attività del professionista può assumere natura commerciale quando l’organizzazione in forma di impresa sia assorbente rispetto a quella professionale, come “nel caso del laboratorio di analisi cliniche, che si connota solitamente come struttura organizzativa di dimensioni più o meno rilevanti, dove il professionista titolare si avvale stabilmente di una pluralità di collaboratori e di dotazioni tecniche di guisa che l’attività professionale rappresenta una componente non predominante, per quanto indispensabile, del processo operativo” (Cassazione n. 28312/2011, conforme a Cassazione n. 13677/2004).

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