Legale - Civile
11 Settembre 2017
Danno da precipitazioni atmosferiche: responsabilità del Comune
La Suprema Corte di Cassazione – Sezione Sesta Civile – con ordinanza 28 luglio 2017, n. 18856 ha stabilito che qualora il Comune non adempiesse ai suoi obblighi di custode, sarà ritenuto responsabile per i danni causati dalle intense precipitazioni atmosferiche.
Le violente precipitazioni, con i conseguenziali danni prodotti a beni mobili e immobili, sono sempre più all’ordine del giorno. Sempre più, il privato si ritrova a dover richiedere, in conseguenza di tali eventi dannosi, la tutela risarcitoria per i pregiudizi generali.
Nel caso di specie, in sede di appello, un Comune era stato condannato dalla Corte di merito al risarcimento del danno nei confronti dell’appellante principale, per i danni arrecati all’autorimessa e deposito, di proprietà di quest’ultimo, inondati da acqua e fango, in conseguenza dell’allagamento delle strade dovuto ad un forte temporale.
Avverso, il Comune predisponeva ricorso per Cassazione. La Suprema Corte di Cassazione ha precisato che “sono custodi tutti i soggetti – pubblici o privati – che hanno il possesso o la detenzione della cosa (Cass., 20/2/2006, n. 3651; Cass., 20/10/2005, n. 20317), ed in quanto tali, hanno obblighi di manutenzione e di controllo sulla cosa custodita”.
Orbene, gli enti pubblici devono provvedere ad una serie di opere di manutenzione, gestione e controllo delle strade, delle loro pertinenze e arredi, nonché delle attrezzature, impianti e servizi e, pertanto, tali enti sono responsabili per le cose in custodia, ai sensi dell’art. 2051 c.c. In tema di onere probatorio, in ossequio all’eccezione alla regola generale sull’onere probatorio di cui al combinato disposto degli artt. 2043 e 2697 c.c., si verifica nel caso di specie un inversione dell’onere della prova: è il custode, presunto responsabile, che deve eventualmente fornire la prova liberatoria del caso fortuito (Cass., 27/6/2016, n. 13222; Cass., 9/6/2016, n. 11802; Cass., 24/3/2016, n. 5877) dimostrando quindi che il danno verificatosi non era prevedibile né evitabile con una condotta diligente adeguata alla natura ed alla funzione della cosa in base alle circostanze del caso concreto, ponendo in essere attività di controllo, vigilanza e manutenzione gravanti sul custode secondo disposizioni normative (art. 14 C.d.S.), e secondo il principio generale del neminem laedere. Solo tale prova liberatoria (caso fortuito) consentirebbe al custode di sottrarsi alla responsabilità presunta ex art 2051 c.c. il quale viene a sussistere quando l’evento dannoso si sia verificato prima che l’ente proprietario abbia potuto rimuovere, nonostante l’attività di controllo espletata con la dovuta diligenza, la straordinaria ed imprevedibile situazione di pericolo determinatasi.
Relativamente poi alle precipitazioni atmosferiche, la Cassazione ha poi evidenziato che “non si possono più considerare come eventi imprevedibili alcuni fenomeni atmosferici ormai sempre più frequenti, per cui l’eccezionalità ed imprevedibilità delle piogge possono configurare il caso fortuito o la forza maggiore, solo quando costituiscano una causa sopravvenuta autonomamente sufficiente a determinare l’evento, nonostante la manutenzione e pulizia dei sistemi di smaltimento delle acque piovane.
Dunque, un temporale di particolare intensità, può integrare il caso fortuito se non vi siano condotte tali da configurare una corresponsabilità del custode, che invoca l’esimente. Al fine di escludere la responsabilità del custode, quest’ultimo dovrà dimostrare di aver effettuato la corretta manutenzione e pulizia delle strade, e che le piogge sono state così intense che gli allagamenti si sarebbero, comunque e nella stessa misura, verificati.
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