Legale - Civile
26 Giugno 2018
Condominio e tavolini del bar: illegittimità
Il bar non può installare lo spazio esterno dotato di tavolini – cd. dehors – senza l’autorizzazione del condominio.
E’ quanto ha disposto la Corte di Cassazione, VI Sezione Civile, nell’ordinanza n. 1235, pubblicata il 18 Gennaio 2018, affermando che “la tutela del decoro architettonico – di cui all’art. 1120 c.c. – attiene a tutto ciò che nell’edificio è visibile ed apprezzabile dall’esterno, posto che esso si riferisce alle linee essenziali del fabbricato, per cui il proprietario della singola unità immobiliare non può mai, senza autorizzazione del condominio, esercitare una autonoma facoltà di modificare quelle parti esterne, a prescindere da ogni considerazione sulla proprietà del suolo su cui venga realizzata l’opera innovativa (Cass. Sez. 2, 19/06/2009, n. 14455; Cass. Sez. 2, 14/12/2005, n. 27551; Cass. Sez. 2, 30/08/2004, n. 17398)”.
La vicenda trae origine dalla realizzazione, da parte di una società condomina, di una piattaforma di circa 31,51 mq., contenente ombrelloni e delimitata da ringhiere, posata sulla pavimentazione della piazza prospiciente il fabbricato condominiale, nonché assicurata alla parete perimetrale dell’immobile nelle vicinanze del portone di ingresso.
Il condominio ha chiesto la rimozione della piattaforma in questione con ricorso dinanzi al Tribunale di Roma, eccependo la violazione dell’art. 1120 c.c., in virtù del fatto che l’opera realizzata modificava la simmetria del fabbricato e ledeva, pertanto, il decoro architettonico.
L’art.1120 c.c., infatti, statuisce il divieto di innovazioni attinenti le parti comuni dell’edificio in condominio, a nulla influendo l’eventuale precedente alterazione del decoro architettonico del fabbricato, ovvero l’assenza di particolare pregio artistico dello stesso.
Pertanto, il Tribunale di Roma accoglieva la domanda del condominio e disponeva la rimozione della piattaforma in presenza di alterazione della generale armonia del fabbricato, in modo percepibile e rilevante.
La sentenza è stata confermata dalla Corte d’Appello capitolina, nel frattempo adita dalla società condomina che è ricorsa in Cassazione eccependo la violazione e falsa applicazione degli artt. 1120 e 877 c.c.
Il ricorso è stato rigettato con condanna della ricorrente a rimborsare al controricorrente le spese sostenute nel giudizio di cassazione.
Infatti, come sottolineato dalla Suprema Corte, “si configura, in astratto, peraltro, non una violazione dell’art. 1120, comma 2, c.c. (testo antecedente alle modifiche introdotte con la legge n. 220/2012, qui operante ratione temporis), ma dell’art. 1102 c.c., disposizione invero applicabile a tutte le innovazioni che, come nella specie, non comportano interventi approvati dall’assemblea e quindi spese ripartite fra tutti i condomini; dovendosi del pari riaffermare che, in tema di condominio, è illegittimo l’uso particolare o più intenso del bene comune, ai sensi dell’art. 1102 c.c., ove si arrechi pregiudizio al decoro architettonico dell’edificio condominiale (Cass. Sez. 2, 04/09/2017, n. 20712; Cass. Sez. 2, 22/08/2012, n. 14607). Né, ai fini della verifica del danno estetico alla facciata dell’edificio condominiale, determinante agli effetti degli artt. 1102 e 1120 c.c., assume rilievo il fatto che la piattaforma sia stata realizzata ‘in aderenza’ al muro comune”.
L’apposizione dei tavolini è legittima se non viene alterata la destinazione dell’area condominiale, né viene menomata la possibilità di fruizione da parte degli altri condomini.
Sulla questione si era espressa già la Cassazione con sentenza n.869, depositata il 23/01/2012, stabilendo che si possono collocare in un’area condominiale i tavolini di un bar, purché tale utilizzo, per la limitatezza dello spazio e del tempo dell’occupazione, non si trasformi in una appropriazione in via esclusiva dell’area condominiale.
In merito alla problematica relativa all’utilizzo della superficie condominiale da parte di un esercizio commerciale si è pronunciato anche il Consiglio di Stato con ordinanza n.184/2016.
La controversia aveva ad oggetto un porticato condominiale privato gravato da servitù di uso trascritta con atto notarile e pertanto destinato all’utilità di una collettività generalizzata di individui. A seguito della concessione del suolo pubblico rilasciato dal Comune di Agrate Brianza per i dehors di un esercizio commerciale, i condomini proprietari pro quota sono ricorsi al T.A.R. eccependo l’eccesso di potere da parte dell’amministrazione comunale che era intervenuta, senza il loro benestare, con la concessione dell’uso eccezionale e particolare del portico.
Chiedevano l’annullamento del provvedimento rilasciato dal Comune e segnalavano, altresì, che la Corte di Cassazione aveva da lungo tempo precisato che tale potere concessorio è del tutto incompatibile con il diritto demaniale privato, e ciò anche al di là dell’applicazione della tassa per l’occupazione di spazi e aree pubbliche, attenendo quest’ultima esclusivamente al piano dei rapporti tributari ( Cass.civ.SS.UU.158/1999).
Il T.A.R. Lombardia rigettava il ricorso rilevando come l’occupazione con tavoli e sedie riguardasse “solo in parte” la superficie del portico.
I condomini proponevano appello al Consiglio di Stato che, accogliendolo, ha riformato la sentenza impugnata ritenendo che “non sembra logico ed ammissibile che il Comune consenta l’utilizzo dell’area privata a uso pubblico, per i tavolini di un esercizio commerciale, limitando conseguentemente il passaggio pubblico”.
Con ciò ha contribuito a fare chiarezza sui limiti dell’uso delle aree private aperte o destinate al pubblico passaggio autorizzati dalle Amministrazioni comunali, che pur essendo dotati dei poteri e dei doveri di regolazione spettanti all’autorità amministrativa devono limitarsi a garantire l’uso del bene da parte della collettività, in conformità ai dettami del pubblico interesse e senza poter esercitare su di esso quei poteri aggiuntivi e ultronei che competono invece ai proprietari (T.A.R.Lombardia sez.III sent.n.466/2011).
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