Legale - Civile

21 Febbraio 2017

Immissioni intollerabili: risarcibile la lesione al diritto ad una dignitosa qualità della vita

La Corte di Cassazione con la sentenza n. 1606/2017 si pronuncia in tema di risarcibilità del danno non patrimoniale in relazione alle immissioni intollerabili ex art. 844 c.c.

Il caso

P.B., la moglie Z.M. e i loro figli P.G. e P.A., convenivano davanti al Tribunale P.E., fratello del primo degli attori, chiedendo tra l’altro la condanna del convenuto al risarcimento dei danni patrimoniali e morali conseguenti alle immissioni provenienti dal suo fondo, nonché la cessazione dell’attività ivi svolta da P.E., consistente in un’officina di lavorazione del ferro. In particolare, le immissioni contestate attenevano agli strumenti rumorosi impiegati nell’officina nonché ai gas nocivi derivanti dai lavori di verniciatura.

Il convenuto si costituiva contestando le pretese avversarie. Il tribunale accoglieva le domande degli attori e condannava P.E. alla cessazione delle immissioni acustiche con inibizione all’uso di determinati macchinari ed al risarcimento dei danni. La Corte d’Appello accoglieva unicamente la censura di P.E. in ordine alla mancata parziale compensazione delle spese processuali nel giudizio di primo grado, confermando per il resto la sentenza del Tribunale.

Sotto il profilo risarcitorio, i Giudici d’appello ritenevano che, pur in assenza di documentazione medica, le intollerabili immissioni acustiche provenienti dall’attività di fabbro di P.E. avessero leso, secondo massime di comune esperienza, il diritto di P.B., Z.M., P.G. e P.A. alla salute, ovvero ad una dignitosa qualità della vita.

P.E. propone ricorso per Cassazione, censurando con il quinto motivo l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione e la violazione e falsa applicazione degli artt. 844, 2043, 2056, 2697 e 1226 c.c., nonchè degli artt. 115 e 116 c.p.c. Il ricorrente lamenta la liquidazione dei danni non patrimoniali operata in via equitativa pur in difetto di prova dell’esistenza effettiva dei danni stessi, e dunque compiuta sulla scorta della mera potenzialità lesiva dell’evento.

La Suprema Corte, nel rigettare il ricorso, per quanto attiene al profilo risarcitorio, osserva che, – per orientamento costante il danno non patrimoniale conseguente ad immissioni illecite è risarcibile indipendentemente dalla sussistenza di un danno biologico documentato quando sia riferibile alla lesione del diritto al normale svolgimento della vita familiare all’interno della propria abitazione e del diritto alla libera e piena esplicazione delle proprie abitudini di vita quotidiane, trattandosi di diritti costituzionalmente garantiti, la cui tutela è ulteriormente rafforzata dall’art. 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, norma alla quale il Giudice interno è tenuto ad uniformarsi a seguito della cd. “comunitarizzazione” della Cedu (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 20927 del 16/10/2015; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 26899 del 19/12/2014).

– la Corte di appello ha affermato, sulla base di tale principio, l’esistenza di un pregiudizio alla libera e normale esplicazione della personalità ed alla qualità della vita di P.B., Z.M., P.G. e P.A., pregiudizio riconducibile allo stress ed al grave disagio provocato dalle immissioni sonore provenienti dalla vicina officina e percepibili nell’abitazione di quelli;

– inoltre, la Corte territoriale ha ritenuto nella specie ravvisabili gli estremi del reato di cui all’art. 659 c.p.(disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone), sussistendo la potenzialità del rumore ad investire tutti coloro che ne sono a contatto, mentre ha escluso la configurabilità dell’art. 674 c.p. (Getto pericoloso di cose): sempre ai fini della risarcibilità del danno non patrimoniale a norma dell’art. 2059 c.c., in relazione all’art. 185 c.p., quello che rileva non è che il fatto illecito integri, in concreto, un reato piuttosto che un altro, nè occorre una condanna penale passata in giudicato, ma è sufficiente che il fatto stesso sia soltanto astrattamente previsto come reato, sicchè è sufficiente a tal fine l’accertamento, da parte del giudice civile, della sussistenza, secondo la legge penale, degli elementi costitutivi di una fattispecie incriminatrice.

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