Legale - Penale
02 Maggio 2017
Colpire più volte il portiere: lesioni personali o scriminante del rischio consentito?
Colpire più volte il portiere che ha appena “parato” configura il reato di lesioni personali (Cass. 11991/2017)
Il caso
Il giudice di secondo grado confermava il reato di lesioni personali a carico degli imputati, i quali, nel corso di una partita di calcio, in seguito all’impossessamento del pallone da parte del portiere, lo colpivano più volte con violenza, esulando tale comportamento dal rispetto della lealtà sportiva e delle regole di gioco.
La difesa lamenta il mancato riconoscimento della scriminante del rischio consentito, poiché le condotte attribuite agli imputati si sarebbero verificate durante la gara come sviluppo fisiologico di un’azione concitata, costituendo pertanto un mero illecito sportivo.
La Corte spiega che la scriminante atipica del rischio consentito è stata correttamente esclusa dal giudice di seconde cure.
In tema di competizioni sportive, infatti, la stessa non è applicabile, qualora nel corso di un incontro di calcio, l’imputato colpisca l’avversario con un pugno al di fuori di un’azione ordinaria di gioco, trattandosi di dolosa aggressione fisica per ragioni avulse dalla peculiare dinamica sportiva. Nella disciplina calcistica, l’azione di gioco è quella focalizzata dalla presenza del pallone ovvero di movimenti, anche senza palla, funzionali alle strategie tattiche (blocco degli avversari, marcamenti, tagli in area ecc.).
Pur essendo l’azione di gioco terminata con l’impossessamento del pallone da parte del portiere, che si era gettato per terra per difenderlo, gli imputati lo avevano colpito più volte, esorbitando dal rispetto delle norme proprie del calcio: risultava palese dal loro agire violento l’elemento intenzionale del delitto di lesioni in danno dell’avversario.
Infine, per quanto attiene alla pena inflitta, questa è da ritenersi congrua, in quanto proporzionata alla gravità dei fatti, caratterizzati da reiterati atti violenti nel corso della partita. Pertanto il ricorso è inammissibile e va rigettato, con conseguente condanna alle spese processuali.
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