Legale - Civile

12 Ottobre 2016

Vendita immobiliare: in caso di dolo la quietanza è contestabile per testi o presunzioni Cassazione Civile, sez. II, sentenza 05/09/2016 n° 17573

La fittizietà della dichiarazione di pagamento del prezzo può essere provata per testi e/o presunzioni, giacché rileva come mero fatto storico, avente puro valore indiziario.

La vicenda oggetto di scrutinio scaturisce da un contratto di compravendita immobiliare concluso nel lontano 1981. Gli alienanti avevano dichiarato di aver ricevuto integralmente il corrispettivo della vendita da parte della società acquirente, prima della stipula del rogito, nondimeno tale dichiarazione era meramente fittizia e la cifra non fu mai loro versata.  Agivano, quindi, in giudizio contro la società acquirente al fine di far annullare la compravendita per dolo di controparte, assumendo che il loro consenso era stato viziato da un errore essenziale sull’oggetto del contratto cagionato da artifici e raggiri. In primo grado, veniva dichiarata la nullità assoluta e l’inefficacia della compravendita per dolo dell’acquirente e, contestualmente, era disposta la restituzione dell’immobile ai venditori. La sentenza di prime cure veniva confermata dal giudice d’appello, il quale respingeva l’eccezione di prescrizione sollevata dagli appellanti e definiva la decorrenza della stessa dalla scoperta del dolo da parte dei venditori. Si giungeva, così, in Cassazione.

Qui di seguito i profili di maggiore interesse riguardante la sentenza della Suprema Corte di Cassazione sul punto.

Le censure degne di interesse, per la presente disamina, riguardano la violazione degli artt. 2700 c.c. (efficacia dell’atto pubblico), 2722 c.c. (patti aggiunti o contrari al contenuto di un documento) e 2729 c.c. (presunzioni semplici). I ricorrenti contestano la pronuncia impugnata, nella parte in cui aveva ritenuto provato il mancato versamento del corrispettivo, nonostante i venditori avessero rilasciato quietanza di segno opposto. Secondo il loro percorso difensivo, per rimuovere l’efficacia probatoria della dichiarazione rilasciata nel contratto – rogato dal notaio – era necessaria la proposizione di una querela di falso e, inoltre, la prova per presunzioni circa la non veridicità della quietanza doveva ritenersi inammissibile ai sensi dell’art. 2722 c.c., in quanto contrastante con un documento.

La Suprema Corte rigetta le prefate censure argomentando come segue.

La dichiarazione di quietanza contenuta nell’atto rogato dal notaio, secondo gli ermellini, non gode di fede privilegiata, giacché per costante giurisprudenza, si ritiene che l’efficacia probatoria dell’atto pubblico sia limitata ai fatti avvenuti in presenza del pubblico ufficiale ed alle dichiarazioni dallo stesso assunte senza implicarne, per ciò solo, l’intrinseca veridicità. In altre parole, l’atto pubblico non fa prova sull’autenticità del contenuto delle dichiarazioni rilasciate davanti al notaio ma solo del fatto che siano effettivamente rese come indicato nell’atto stesso. La Corte, inoltre, sottolinea che il mancato pagamento del prezzo, nel caso di specie, rileva non già come inadempimento contrattuale, ma come mero fatto storico: tale assunto rappresenta la pietra angolare della costruzione ermeneutica operata dai supremi giudici. Infatti, la domanda proposta dai venditori è di annullamento per dolo e non di risoluzione o adempimento. La suddetta domanda mette in discussione la validità del contratto ab origine – a tal proposito si parla di vizi genetici del sinallagma contrattuale – e non importa alcun accertamento in punto di adempimento del contratto. Infatti, se si avesse riguardo a quest’ultimo, ci si scontrerebbe con l’insegnamento delle Sezioni Unite, secondo le quali «la dichiarazione di quietanza indirizzata al solvens ha efficacia di piena prova del fatto del ricevuto pagamento dalla stessa attestato, con la conseguenza che, se la quietanza viene prodotta in giudizio, il creditore quietanzante non può essere ammesso a provare per testi il contrario, e cioè che il pagamento non è in effetti avvenuto, a meno che dimostri, in applicazione analogica della disciplina dettata per la confessione dall’art. 2732 cod. civ., che la quietanza è stata rilasciata nella convinzione, fondata su errore di fatto, che la dichiarazione rispondesse al vero ovvero a seguito di violenza».

Per contro, nel caso in esame, il mancato pagamento viene assunto come un mero fatto dimostrativo del dolo contrattuale di parte acquirente ed in ragione di ciò tale dimostrazione sfugge ai limiti imposti dall’art. 2722 c.c.

La fittizietà della dichiarazione di pagamento del prezzo nella surriferita circostanza, dunque, ben può essere provata per testi e/o presunzioni, giacché rileva come mero fatto storico, avente puro valore indiziario. La Suprema Corte, con la pronuncia in commento, aderisce all’orientamento della giurisprudenza maggioritaria secondo cui la prova testimoniale contraria alla quietanza non incontra il divieto di cui all’art. 2722 c.c. A tal proposito, si ricorda che la quietanza (art. 1199 c.c.) è una dichiarazione, in forza della quale il creditore afferma di aver ricevuto l’adempimento; si tratta di una dichiarazione di scienza con funzione di prova documentale.

Infine, i giudici di legittimità sottolineano che il trasferimento del bene immobile viene messo in discussione non già per l’assenza di pagamento del prezzo, ma per il dolo della controparte, di cui la mancata dazione costituisce fatto indiziario, suscettibile di essere dimostrato per testi o presunzioni. In altre parole, la prova dell’inganno e del raggiro usati da un contraente per indurre l’altro alla conclusione del contratto, può evincersi per presunzioni.

In conclusione, la Corte rigetta il ricorso in relazione a tutti i motivi sollevati e conferma la sentenza gravata che aveva disposto l’annullamento della compravendita e la restituzione dell’edificio agli alienanti.

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